Figlia. Papà, queste conversazioni sono serie?
Padre. Certo che lo sono.
F. Non sono una specie di gioco che tu fai con me?
P. Dio non voglia… sono però una specie di gioco che noi facciamo insieme.
F. Allora non sono serie!Gregory Bateson, “Verso un’ecologia della mente”, Adelphi, 1986.
GIOCARE è una cosa SERIA
Come ci suggeriscono le “conversazioni” di Bateson, il gioco è materia tanto “seria” da avere connessi concetti importanti, tra cui il vincere e il perdere, l’imbrogliare e quindi le regole, la logica e l’ordine, i clichés e la creatività.
Fin dalla notte dei tempi, i bambini hanno sempre giocato. Il gioco attraversa tutta l’infanzia e accompagna ogni tappa della crescita, creando un ponte tra realtà e fantasia. Non è una frivolezza o un’inutile perdita di tempo: al contrario è il campo privilegiato dove il piccolo scopre e si misura con il mondo.
Per quanto nell’accezione comune il termine “gioco” si discosti molto dalla connotazione di “serietà”, quando ci riferiamo a un bambino, anche in un setting naturale, ci rendiamo conto che, al contrario, esso ha un valore molto importante per il bambino stesso, “serio”.
I bambini fin dalla tenera età giocano in modo spontaneo, senza che nessun adulto glielo insegni in modo strutturato. Ogni bambino gioca naturalmente perché prova, attraverso l’attività ludica, una sensazione di benessere ed è proprio il piacere intrinseco nel gioco che comporta e favorisce nuove componenti. C’è da dire che per i bambini che giocano per divertirsi, non c’è nessuna differenza tra gioco e quello che un adulto potrebbe considerare come un lavoro.
Il lavoro dei piccoli è giocare?
Attraverso il gioco, infatti, il bambino incomincia a comprendere come funzionano le cose: che cosa si può o non si può fare con determinati oggetti, si rende conto dell’esistenza di leggi del caso e della probabilità e di regole di comportamento che vanno rispettate. L’esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il quale diventa consapevole non solo del mondo esterno, ma anche del proprio mondo interiore, accettando nel tempo le legittime esigenze di queste sue due realtà.
Le attività ludiche a cui i bambini si dedicano si modificano progressivamente, di pari passo con lo sviluppo intellettivo e psicologico, nonché attraverso le esperienze educative e sociali, ma rimangono un aspetto fondamentale della vita di ogni individuo, lungo tutto il ciclo di vita.
L’adulto stesso, quando propone ai bambini attività ludiche, deve potersi divertire nel suo ruolo – più o meno attivo – di guida e supporto, deve in qualche modo sentirsi a proprio agio e appagato. Giocando, infatti, ogni individuo dovrebbe riuscire a liberare la propria mente da contaminazioni esterne, quali il giudizio altrui o il condizionamento socio-culturale, avendo la possibilità di scaricare la propria istintualità ed emotività.
Il gioco è significativo per lo sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino, perché, quando gioca, sorprende se stesso e nella sorpresa acquisisce nuove modalità per entrare in relazione con il mondo esterno. Nel gioco il bambino sviluppa le proprie potenzialità intellettive, affettive e relazionali. A seconda dell’età, con il gioco impara ad essere creativo, sperimenta le sue risorse, scopre se stesso, entra in contatto con i suoi coetanei e si costruisce ed articola quindi l’intera personalità.
Il gioco promuove naturalmente tutte le competenze di cui l’infante avrà bisogno da adulto, nelle diverse sfide che dovrà affrontare lungo il corso della vita, sul piano affettivo, cognitivo e sociale.
Il gioco libero ha bisogno di uno SPAZIO
Ben vengano le attività extracurricolari, i laboratori, gli sport. Certamente hanno una loro importanza, anche se non per tutti i bambini sono sempre accessibili. Ben vengano bambini che sanno suonare strumenti, che sanno nuotare e sanno giocare a basket.
Tutto ciò, però, non garantirà di per sé un futuro migliore al bimbo che ha bisogno anche di tempo di qualità per giocare, da solo, con i coetanei, con mamma e papà. Il gioco libero tanto quanto quello strutturato in laboratori, ha bisogno di uno spazio adeguato ed è un’occasione indispensabile per lo sviluppo dei bambini che, crescendo, diventano sempre più esperti ed esigenti. Oggi, rispetto a quanto avveniva per le generazioni passate, le occasioni e gli spazi per “giocare liberamente”, in strada o nei cortili, sono sempre meno.
Per questo una buona città che pensa ai propri bambini garantisce SPAZI dove essi possano giocare liberamente e in cui si possano alternare momenti “didattici” a momenti “spontanei”, concedendo il giusto spazio ad entrambe le attività.
Secondo tutte le linee guida pedagogiche che programmano l’organizzazione delle giornate all’interno degli asili nido e delle scuole d’infanzia, il gioco libero viene inserito come attività di routine al pari di altre ritenute indispensabili a colmare le esigenze di tutti i bimbi, come l’accoglienza, il pranzo, il cambio o la pausa prima del sonnellino.
Questo perché il gioco libero, tanto quanto quello guidato (differenziato a seconda dell’età del bambino) è una componente indispensabile per lo sviluppo e ha bisogno di occasioni, spazi e materiali. Va precisato che “libero” non vuol dire non organizzato, pensato e progettato dall’adulto. Infatti, nell’ambito del gioco libero, il ruolo dell’adulto è garantire la sicurezza, organizzare con particolare attenzione e cura l’ambiente, i materiali e la predisposizione degli spazi per rispondere in modo adeguato alle esigenze, alle caratteristiche e alla curiosità dei bambini.
Il gioco libero è un diritto del bambino e noi adulti abbiamo il dovere di tutelarlo, far sì che si possa verificare (in uno SPAZIO protetto) e nel mentre questo accade, esercitare un ruolo indiretto di sostegno e osservazione.
Offrire occasioni di questo tipo vuol dire permettere ai bambini di essere spontanei, di esprimere nel gioco il proprio vissuto personale e le proprie emozioni e sperimentare anche la gestione del conflitto in un contesto che offre la possibilità di condividere spazi e oggetti con altri bambini, per esempio nei momenti in cui si creano situazioni di scontro sul possesso di giochi da condividere.
Il gioco libero aiuta i bambini a:
- sviluppare interessi intrinseci e competenze;
- imparare a prendere decisioni, risolvere problemi, sapersi controllare, seguire le regole;
- imparare a riflettere su di sé, a regolare le proprie emozioni, a mettersi nei panni degli altri;
- fare amicizia, imparare ad andare d’accordo con gli altri da pari a pari, collaborare, ma anche a “litigare bene”;
- gioire dell’esperienza.
A tale proposito, l’American Academy of Pedriatrics nelle sua linee guida ai pediatri sull’importanza dell’attività ludica (2007) mette in risalto il valore del gioco libero come un alleato essenziale per la salute e il benessere dell’infanzia. E raccomanda ai genitori, pur monitorando la sicurezza dei figli, di non diventare invadenti perché nel gioco spontaneo il bambino è protagonista attivo.
Giocare è un diritto
L’Organizzazione delle Nazioni Unite (O.N.U.) ha negli anni tutelato e garantito i diritti dell’infanzia. Non è necessario solo lavorare per ridurre la mortalità infantile e fornire ai bambini dei Paesi in via di sviluppo condizioni materiali migliori, se poi non si garantisce loro un minimo di prospettive di sviluppo, di vita umana degna di essere vissuta. L’art. 31 della Convenzione internazionale sui diritti dell’Infanzia, approvato il 20 novembre 1989 dall’Assemblea Generale dell’O.N.U. ed entrato in vigore il 2 settembre 1990, esprime chiaramente queste valenze fondamentali del diritto al gioco.
ART. 31 Della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia
Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo ed allo svago, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età, ed a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.
Gli Stati parti devono rispettare e promuovere il diritto del fanciullo a partecipare pienamente alla vita culturale ed artistica ed incoraggiano l’organizzazione di adeguate attività di natura ricreativa, artistica e culturale in condizioni di uguaglianza.
Giocare con la diversità
Giocare è anche un’esperienza di apprendimento emotivo e sociale. Oltre ad acquisire ed elaborare informazioni nuove, a mettere alla prova le proprie abilità di attenzione, memoria e ragionamento, si possono affinare le competenze comunicative e di negoziazione del conflitto, proprio attraverso il gioco e l’aggregazione sociale. Ci si allena ad assumere la prospettiva dell’altro, a comprendere e condividere emozioni. Le emozioni hanno infatti una funzione sociale: assumono cioè uno specifico significato nelle transizioni quotidiane, negli scambi interpersonali, dai quali gli individui hanno bisogno di emergere sentendosi adeguati ed efficaci (Sroufe, 2000).
A tal proposito uno spazio dedicato al gioco e alle relazioni, diventa – spontaneamente, ma anche attraverso laboratori e attività mirate – un contesto che promuove l’interazione, la cooperazione, l’empatia, lo sviluppo del pensiero morale e che dunque consente di sollecitare la prevenzione di comportamenti sociali a rischio quali esclusione e isolamento sociale, prevaricazione, violenza. Numerosi studi di ricerca, da molti anni, hanno evidenziato come la qualità delle relazioni con i pari – e con gli adulti significativi – sia un fattore ricorrente che correla con il percorso di adattamento dell’individuo, nonché con la possibilità di insorgenza o meno di diverse condizioni di difficoltà e disturbi in ambito affettivo e sociale (Rutter e Rutter, 1992; Parker, Rubin, Price, De Rosier, 1995; Fonzi, 1995; Menesini 1999).
Uno spazio gioco per i genitori
Uno SPAZIO GIOCO non è soltanto un luogo fisico entro cui far giocare i bambini, ma è ancor prima uno spazio mentale che noi adulti, nei diversi ruoli che ricopriamo, potremmo o dovremmo ritagliarci.
Prima di riempire di attività i bambini è necessario che i genitori possano sentirsi auto-efficaci nel proprio ruolo e la possibilità di confrontarsi tra genitori è uno dei modi migliori per sentirsi anche un po’ meno soli nello svolgere questo difficile compito.
Servono occasioni in cui gli stessi genitori, oltre che affidare i propri bambini ad altri adulti che con la loro professionalità faciliteranno lo sviluppo di determinate competenze dei bambini, abbiano modo di sperimentarsi con i propri figli e farlo oltre le quattro mura domestiche, contando sul supporto di esperti ma anche tra pari (tra altre mamme e papà in primis) incrementa notevolmente la qualità delle relazioni.
Tutto ciò è quello che accade spontaneamente al parco giochi e che potrebbe accadere in uno SPAZIO gioco al chiuso che funzioni da collettore delle diverse realtà della città, in cui i bambini hanno la possibilità di giocare non solo con i “soliti” amici, ma anche con quelli “insoliti”, nuovi e inaspettati, imparando ad essere flessibili nelle relazioni, grazie allo stimolante contatto con la diversità.
E se questo vale per loro, vale anche per noi adulti che, se ben ci ricordiamo, possiamo crescere ancora un po’…